La cedevolezza verticale del suolo
La cedevolezza del suolo è sicuramente uno degli argomenti cardine della terrameccanica, oltre a rientrare fra i più blasonati oggetti di discussione degli appassionati di fuoristrada.
In effetti, tra tutte le difficoltà da affrontare nel muoversi su suoli non preparati, il fenomeno dell’affondamento del veicolo nel terreno risulta di particolare rilievo per varie ragioni:
- innanzitutto, le proprietà meccaniche del suolo sono complesse e dipendono da numerosi fattori, anche esterni e variabili nel tempo (come il contenuto d’acqua);
- generalmente, a differenza di altre tipologie di ostacoli a carattere localizzato, il suolo cedevole non è facilmente aggirabile;
- la superficie di contatto di un veicolo con il terreno (parametro legato all’affondamento, come vedremo di seguito) è una percentuale piuttosto ridotta dell’area totale impegnata dal veicolo.
Prima di parlare di cedimento del terreno mi permetto di spendere qualche parola sul concetto di pressione, giusto per rinfrescare un po’ l’argomento.
La pressione è una grandezza fisica definita come forza agente per unità di superficie. Dal punto di vista dimensionale, dato che la forza si esprime in Newton (N) e l’area in metri quadrati (m2), la pressione si esprimerà in N/m2, o meglio in Pascal (Pa): 1 Pa = 1 N/m2.
Prendiamo un cubo rigido di massa m e lato l con le facce perfettamente piane e poggiamolo su una superficie anch’essa perfettamente rigida e piana (fig. 1).

Fig. 1 – Cubo poggiato su superficie piana.
Dette g l’accelerazione di gravità, P la forza peso agente sul cubo, A l’area di contatto e p la pressione, si ha che:
Ora prendiamo lo stesso cubo, lo tagliamo a metà e sovrapponiamo le due parti (fig. 2).

Fig. 2 – Riducendo la superficie di un corpo poggiato su un piano, la pressione tra le superfici a contatto aumenta.
In questo caso la situazione è la seguente:
Ovviamente, come immaginavamo, dimezzando l’area di contatto, a parità di forza peso, la pressione raddoppia. E maggiore pressione vuol dire maggiori sollecitazioni tra le superfici a contatto. É il motivo per cui se dobbiamo conficcare un paletto nel terreno ci preoccupiamo di renderne appuntita l’estremità: semplicemente stiamo riducendo l’area di contatto al fine di aumentare la pressione che andremo ad esercitare sul terreno.
La stessa cosa accade, in generale, tra veicolo e suolo. A parità di tutte le altre condizioni, all’aumentare della pressione specifica nell’area di contatto tra pneumatico (o cingolo) e terreno, aumenta l’affondamento del veicolo a causa del cedimento del suolo. Tale fenomeno è la ragione per la quale in alcuni ambiti sia d’obbligo l’uso di veicoli con determinate caratteristiche. Ad esempio, su terreni ricoperti da copiosi strati di neve fresca è indispensabile l’impiego di mezzi con generose cingolature in grado di trasmettere pressioni al suolo ridotte e capaci di “galleggiare” letteralmente sul manto nevoso.
Fin qui abbiamo capito che c’è sicuramente una correlazione tra la pressione di contatto esercitata da un veicolo ed il cedimento del suolo. Ma qual è la legge che regola tale correlazione? Per rispondere a questa domanda partiamo dalla seguente equazione proposta intorno alla metà del secolo scorso da Bekker, uno dei padri della terrameccanica:
p: pressione specifica esercitata sul suolo;
b: dimensione minore dell’impronta di contatto;
z: cedimento del suolo;
kc: parametro dipendente dalle caratteristiche del suolo, legato alla coesione;
kφ: parametro dipendente dalle caratteristiche del suolo, legato all’attrito interno;
n: parametro dipendente dalle caratteristiche del suolo, legato al tipo di cedevolezza del terreno.

Fig. 3 – Schematizzazione di un corpo con base di larghezza b che affonda nel terreno.
Nonostante l’età, la formula (1) è tuttora usata nell’ambito della terrameccanica in quanto l’esperienza ne ha dimostrato l’efficacia su un’estesa gamma di suoli, a patto che si tratti di suoli omogenei.
L’equazione (1) è fondamentalmente un’espressione semiempirica in quanto contiene parametri (kc, kφ e n) che possono essere determinati solo attraverso prove sperimentali. Pertanto, prima di fornirne un’interpretazione pratica, andiamo a vedere più da vicino il significato di tali parametri.
I termini kc e kφ sono coefficienti dipendenti dalle proprietà meccaniche del terreno ed in particolare dal grado di coesione e dall’angolo di attrito interno. La coesione è il legame che tiene unite le particelle del suolo. Nello specifico, in base al comportamento meccanico esibito, possiamo classificare i vari tipi di terreno in suoli coesivi e suoli non coesivi. Idealmente possiamo definire due estremi:
- suolo completamente coesivo => argilla plastica;
- suolo completamente non coesivo => sabbia pura perfettamente asciutta.
Se scaviamo una buca su un terreno argilloso duro, notiamo che le pareti della fossa non franano e ciò è indice di un forte legame tra le particelle, quindi un terreno del genere avrà un’elevata coesione.
Se invece proviamo a scavare su sabbia asciutta, durante lo scavo assistiamo allo scivolamento del materiale lungo le pareti della buca: il movimento della sabbia si arresta solo al raggiungimento di una certa pendenza delle pareti. Tale fenomeno è spiegabile dall’assenza di coesione tra le particelle del terreno. L’angolo che le pareti formano con l’orizzontale prende il nome di angolo di riposo e, in pratica, coincide con l’angolo di attrito interno del suolo φ (fig. 4).

Fig. 4 – Differenza tra suolo coesivo e suolo non coesivo.
Alla luce di quanto detto, i suoli coesivi sono caratterizzati da un elevato valore del coefficiente kc e da un ridotto valore di kφ, mentre l’opposto accade per i suoli non coesivi.
Per quanto riguarda il parametro n della formula (1), possiamo dire che esso indica come evolve il cedimento di un terreno al variare della pressione ad esso applicata. Idealmente n varia da 0 per l’argilla perfettamente plastica a 1 per la sabbia secca.

Fig. 5 – Differenza dell’andamento del cedimento in funzione della pressione al variare del coefficiente n.
Osservando gli andamenti qualitativi riportati in fig. 5, notiamo che il valore unitario di n è indice di un comportamento lineare del suolo, cioè all’aumentare della pressione agente su di esso si ha un aumento lineare del cedimento. Per n minore di 1 il cedimento tende, in maniera più o meno brusca, ad un asintoto verticale e ciò vuol dire che al di sopra di un certo valore di pressione il cedimento continua ad aumentare senza ulteriori incrementi di pressione.
Generalmente, nella realtà, alla maggior parte dei suoli, comprese le sabbie, si può associare un valore di n inferiore a 1 (solo in alcuni casi, come per la neve, si possono avere valori maggiori di 1).
Ma la vera potenza della formula di Bekker sta nella presenza del parametro b, cioè della dimensione minore dell’orma di contatto. Se prendiamo un veicolo cingolato, la dimensione minore è la larghezza del cingolo, mentre se prendiamo un veicolo ruotato la dimensione minore dipende dalla forma dell’impronta a terra dello pneumatico.
Essenzialmente il Bekker ci dice che, su suoli caratterizzati da una certa coesione, a parità di pressione specifica, le basi di carico più strette danno luogo a minori affondamenti. Questa affermazione ci porta ad una conclusione qualitativamente molto importante: se aumentiamo la massa di un veicolo, anche se riuscissimo a mantenere la stessa pressione al suolo mediante l’uso di pneumatici maggiorati, sicuramente avremmo prestazioni peggiori in termini di affondamento su suolo cedevole perché aumenteremmo la dimensione b dell’impronta a terra.
Dal punto di vista quantitativo, l’equazione (1) ha il punto debole della complessità dei parametri kc e kφ, le cui dimensioni dipendono dal valore del coefficiente n. Per ovviare a tale problema, dopo una lunga attività sperimentale, l’inglese Reece è pervenuto ad una formula simile, ma con parametri k’c e k’φ adimensionali:
in cui c è la coesione e γs è il peso specifico del terreno.
Mentre la relazione (1) di Bekker non stabiliva una relazione tra la dimensione b dell’impronta a terra e l’affondamento su suoli non coesivi, la relazione (2) ci permette di aggiungere una considerazione in più. A parità di pressione, su suolo privo di coesione, quindi ad esempio su sabbia secca, si ottengono minori affondamenti con basi di maggiore larghezza (tale affermazione è valida su terreni avente coefficiente n inferiore all’unità).
Ricapitolando tutto il discorso fatto sinora, nel presente articolo abbiamo spiegato e compreso i seguenti concetti:
- l’affondamento statico di un veicolo su suolo cedevole dipende dalla pressione specifica tra veicolo e suolo: a parità di altre condizioni, maggiore è la pressione e maggiore sarà il cedimento del terreno;
- a parità di pressione specifica, numerose attività sperimentali hanno dimostrato che su suoli coesivi (tipicamente argillosi) si ottengono minori affondamenti con basi di minore larghezza;
- a parità di pressione specifica, su suoli non coesivi (tipicamente sabbia) l’adozione di basi di maggiore larghezza permette di ottenere minori affondamenti (per valori di n minori dell’unità) o al massimo non esercita influenze sull’affondamento (per n uguale ad 1).
Bibliografia
V. Romano, Lezioni di trazione meccanica, Roma, Aziende Tipografiche Eredi Dott. G. Bardi 1970.
J. Y. Wong, Theory of ground vehicles, John Wiley & Sons 2001.
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