Coppia e potenza per tutti – parte 1
Su forum e social network non è raro imbattersi in argomenti riguardanti le prestazioni dei motopropulsori, ma ancor più probabile è incappare in approssimate e fantasiose spiegazioni inerenti i concetti di coppia e potenza di un motore a combustione interna.
In questa serie di articoli che ho chiamato “Coppia e potenza per tutti” mi propongo di fornire un quadro concettuale semplice e chiaro sui fattori che influenzano le prestazioni di un motore a combustione interna.
Da cosa dipende la coppia di un motore? Da dove derivano le forme delle curve di coppia e potenza? Quali differenze ci sono tra le curve caratteristiche di un motore ad accensione comandata (benzina) e quelle di un motore ad accensione per compressione (Diesel)? Sono solo alcune delle domande a cui troverete risposta con la lettura degli articoli di questa serie.
Ma partiamo dalle basi. Cos’è la coppia? In maniera molto semplicistica possiamo dire che la coppia, nella sua accezione di momento meccanico, è il risultato dell’azione di una forza F che agisce ad una certa distanza d da un punto O preso come riferimento. Ad esempio, quando avvitiamo un bullone, applichiamo una forza F sullo stelo della chiave e quindi esercitiamo una coppia pari al prodotto F∙d rispetto al centro O del bullone (fig. 1).

Figura 1 – Nello svitare un bullone applico una coppia rispetto al centro del bullone.
Lo stesso discorso può essere fatto nel manovellismo di spinta che caratterizza i comuni motori a combustione interna: la forza F trasmessa dal pistone all’albero a gomiti, grazie alla biella, dà luogo ad una coppia rispetto al punto O (fig. 2).

Figura 2 – Vista molto schematica del manovellismo di spinta che caratterizza i motori alternativi a combustione interna.
Dalla fig. 2 capiamo che la coppia in uscita dall’albero a gomiti dipende in primis dalla forza F trasmessa dalla biella alla manovella, la quale, a sua volta, è figlia della pressione esercitata dai gas combusti sul cielo del pistone. Già qui possiamo esprimere un concetto a prima vista banale, ma importante: fissate le caratteristiche geometriche di un certo motore, per aumentarne la coppia occorre aumentare la forza trasmessa alla biella dai gas agenti sul pistone.
La potenza può essere genericamente definita come il lavoro prodotto nell’unità di tempo e può quindi essere assimilata ad una velocità di trasformazione dell’energia. A seconda del contesto in cui ci troviamo, il lavoro può essere svolto da una forza o da una coppia.
Se consideriamo un lanciatore di peso, la potenza sviluppata dall’atleta al momento del gesto atletico è pari alla forza impressa al peso per la velocità con cui quest’ultimo lascia la mano del lanciatore. Se, invece, parliamo dell’albero a gomiti di un motopropulsore, la potenza erogata è il prodotto tra la coppia sviluppata e la velocità angolare dell’albero.
La velocità angolare ω si esprime in radianti al secondo. Per utilizzare i giri al minuto, unità più diffusa in ambito commerciale, basta sostituire ω con πn/30 (dove n è appunto il numero di giri fatti in un minuto, mentre π è la costante matematica “pi greco” e vale circa 3,14). Quindi otteniamo:
Questa banale formula, oltre a consentirci di ricavare la curva della potenza a partire da quella della coppia, ci fornisce un’informazione notevole. Per aumentare la potenza erogata da un motore abbiamo due strade:
- aumentare la coppia utile Cu;
- aumentare la velocità di rotazione n.
Iniziamo a parlare della coppia utile Cu pensando a ciò che succede una volta che tutte le valvole (sia di aspirazione che di scarico) si sono chiuse. Quando all’interno del cilindro parte la combustione, l’energia chimica dei reagenti viene convertita in lavoro meccanico disponibile all’albero motore. Questo processo di conversione non è perfetto e presenta delle perdite (imperfezioni di combustione, fughe, scambi termici verso l’esterno della camera di combustione). L’energia rimanente dà luogo ad un aumento di pressione che consente ai gas combusti di spingere il pistone: la forza esercitata sulla biella è tanto maggiore quanto più energica è la combustione e quanto più ampia è l’area del cielo del pistone. Ma non tutta questa forza viene trasformata in coppia disponibile all’albero motore perché una parte serve a vincere gli attriti meccanici ed il trascinamento degli organi ausiliari. Ciò che resta è finalmente la coppia utile in uscita dall’albero.
Abbiamo visto in maniera molto semplice quali fattori influiscono sulla coppia durante la combustione. Andiamo ora a vedere quali sono le influenze prima e dopo questa fase.
Affinché avvenga la combustione sono necessari due ingredienti: combustibile (benzina, gasolio, GPL, metano, ecc.) e comburente (ossigeno). Per sviluppare maggior energia devo mettere insieme una maggior quantità di questi due ingredienti. Ma come? Semplice, o uso una camera di combustione più grande (aumento la cilindrata del motore), o faccio entrare una massa maggiore di questi ingredienti nel medesimo volume. Fissato un certo rapporto tra la massa di aria e quella di combustibile, la quantità di aria che riesco a immettere in camera di combustione dipende dai seguenti fattori motoristici:
- laminazioni in aspirazione;
- laminazioni allo scarico;
- scambi termici;
- riflusso verso l’aspirazione;
- effetti dinamici (inerzia della carica fresca, onde di pressione).
Tutti i fenomeni di cui sopra vengono raggruppati in un termine λv detto coefficiente di riempimento, il quale ha un’influenza sostanziale sulla forma della curva di coppia.
I primi quattro termini sono esclusivamente peggiorativi, ciò vuol dire che danno luogo alla presenza in camera di combustione di una massa di aria sicuramente inferiore a quella teoricamente contenibile dal volume della camera nelle condizioni di pressione e temperatura ambiente.
Invece, gli effetti dinamici, a seconda del caso, possono essere peggiorativi o migliorativi.
Le laminazioni in aspirazione e allo scarico sono le perdite fluidodinamiche dovute al passaggio della carica nei condotti e nelle valvole di aspirazione e scarico. Filtri, sistemi di trattamento dei gas combusti, sedi valvole, curvature, attrito sulle pareti, sono tutti fattori che generano perdite sui flussi di aria (in aspirazione) e di gas combusti (allo scarico).
Gli scambi termici sono principalmente quelli che causano il riscaldamento della carica fresca in ingresso alla camera con conseguente riduzione di densità della stessa (quando parlo di carica fresca intendo solo aria per i motori Diesel, o comunque ad iniezione diretta, e miscela di aria e combustibile per i motori ad iniezione indiretta). Carica meno densa vuol dire meno ossigeno che entra nel medesimo volume.
Il riflusso verso l’aspirazione è la porzione di carica fresca che sfugge alla chiusura delle valvole di aspirazione e torna indietro (soprattutto se non si adotta un sistema di fasatura variabile).
Gli effetti dinamici comprendono due tipologie di fenomeni: quello relativo all’inerzia della carica in ingresso al cilindro e quello relativo alle onde di pressione. L’inerzia della carica fresca in entrata viene sfruttata per ottimizzare il riempimento del cilindro ritardando la chiusura della valvola di aspirazione rispetto al punto morto inferiore. Per elevate velocità del fluido e quindi ad alti regimi di rotazione del motore, l’inerzia è elevata e conviene ritardare maggiormente la chiusura delle valvole di aspirazione per attendere che entri un maggior quantitativo di aria. Infatti, il flusso d’aria in ingresso al cilindro si comporta in modo simile ad una molla. Osserviamo la fig. 3 che raffigura un carrellino dotato di molla che entra ad una certa velocità all’interno di un contenitore.

Figura 3 – Nel caso A il carrellino ha una ridotta velocità è la molla si comprime poco nell’urto contro il muro. Nel caso B la velocità del carrellino è alta e la molla mostra una maggiore compressione. L’aria che entra in camera di combustione ha un comportamento molto simile.
Se la velocità del carrellino è bassa, la molla si comprimerà poco in seguito al contatto con la parete. Mentre se la velocità del carrellino è maggiore, la molla subirà una compressione più rilevante. La stessa cosa succede all’aria quando entra nel cilindro.
Il discorso sulle onde di pressione è un po’ più complicato e richiederebbe una spiegazione più dettagliata. Al momento diciamo soltanto che l’apertura e la chiusura delle valvole a cavallo di ambienti a pressioni differenti dà luogo alla propagazione di onde di pressione che vanno avanti e indietro nei condotti di aspirazione e scarico. Dimensionando opportunamente i condotti è possibile sfruttare tale fenomeno per buttare più aria all’interno del cilindro ad un certo regime di rotazione del motore. Si parla in tal caso di “accordatura” dei condotti: il termine di derivazione musicale rende bene l’idea del concetto.
Gli effetti dinamici sono quelli che danno la classica forma “a collina” della curva di coppia. Il massimo di tale curva può essere spostato verso i bassi o gli alti regimi di rotazione modificando il ritardo alla chiusura delle valvole di aspirazione e variando la lunghezza e la sezione dei condotti di aspirazione e scarico. In particolare, un maggior ritardo alla chiusura dell’aspirazione e condotti più corti e ampi spostano il massimo della curva di coppia verso gli alti regimi (fig. 4). Interventi opposti la spostano verso i bassi regimi (fig. 5).

Figura 4 – La curva tratteggiata è l’andamento della coppia di un motore alternativo aspirato ad accensione comandata (benzina) ad alte prestazioni. Si noti come il picco di coppia sia spostato verso gli alti regimi di rotazione (immagine dal sito www.enginelabs.com).

Figura 5 – La curva più scura è la coppia di un tranquillo motore sovralimentato ad accensione per compressione (Diesel). Si noti come il propulsore sia stato ottimizzato per i bassi regimi.
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Ti correggo su un probabile errore di distrazione nella conversione del numero di giri al minuto in radianti al secondo: hai moltiplicato per 60 dove dovresti dividere per 60. quindi avresti 2*pigreco*n/60.
Comunque ti faccio i complimenti per la chiarezza e la completezza dell’articolo.
Accidenti! Che erroraccio imperdonabile! Ora l’ho corretto. Ti ringrazio per la segnalazione e mi scuso con i lettori.
Visto che considero i tuoi articoli molto validi, non riesco a trovare la seconda parte.
potresti aiutarmi?
Grazie
Ciao Rosario. Purtroppo non lo trovi perché ancora non ho trovato il tempo per scriverlo.
Comunque ti ringrazio per avermelo ricordato. Vorrà dire che sarà il prossimo articolo che scriverò subito dopo aver pubblicato qualcosa sui differenziali autobloccanti che già mi è stato chiesto.