Anti-lift: come tenere il muso piatto.
Introduzione.
Quando viaggiamo in rettilineo e premiamo il pedale dell’acceleratore (o quello del freno) generiamo forze longitudinali tra gli pneumatici ed il suolo che si oppongono al moto del veicolo.
Ad esempio, nel momento in cui freniamo, le forze sviluppate dagli pneumatici cercano di arrestare il moto del veicolo contrapponendosi all’inerzia di quest’ultimo che, al contrario, vorrebbe mantenerne inalterata la velocità. Ovviamente, il fenomeno opposto avviene in fase di accelerazione.
Mentre l’inerzia agisce in corrispondenza del baricentro del veicolo, le forze di trazione e di frenatura si sviluppano all’interfaccia con il suolo: ciò implica la nascita di un trasferimento di carico verticale. In pratica, le forze verticali agenti sugli assi cambiano rispetto al caso di accelerazione longitudinale nulla.
In un articolo sul centro di rollio abbiamo visto che il moto di rollio è la naturale conseguenza dei trasferimenti di carico dovuti alle accelerazioni laterali. Similmente, il moto di beccheggio è il risultato dei trasferimenti di carico dovuti alle accelerazioni longitudinali. Esso consiste in una rotazione della cassa del veicolo attorno ad un punto virtuale, detto centro di beccheggio.
Di norma, in un autoveicolo, la sospensione anteriore e quella posteriore sono diverse per tipologia, per assetto o per entrambi gli aspetti. Per tale ragione, in presenza di accelerazioni longitudinali, l’avantreno ed il retrotreno si comportano in maniera differente dando vita a moti di beccheggio diversi a seconda di come vengono trasmesse le forze motrici e frenanti. Per differenziare i vari modi di beccheggiare del corpo vettura soggetto ad accelerazioni longitudinali, ci si riferisce comunemente a quattro termini adottati dal gergo anglosassone: lift, squat, dive e pitch.
In fig. 1 ripropongo un’illustrazione molto intuitiva sul significato di questi termini, già citati nell’articolo Posizione del baricentro e prestazioni del veicolo.

Lift: sollevamento del muso in accelerazione (trazione sull’avantreno).
Squat: schiacciamento della coda in accelerazione (trazione sul retrotreno).
Dive: schiacciamento del muso e sollevamento della coda in frenata (tutti i veicoli con la frenatura su entrambi gli assi).
Pitch: beccheggio generico, ovvero scuotimento contemporaneo ed opposto della parte anteriore e di quella posteriore di un autoveicolo.
Parallelamente, tutte le soluzioni progettuali volte alla riduzione dei suddetti moti sono indicate inserendo il prefisso anti-. Quindi avremo: anti-lift, anti-squat, anti-dive e anti-pitch.
In questo articolo parlerò di anti-lift, rimandando la descrizione delle altre tematiche ad appuntamenti successivi.
Come determinare la percentuale di anti-lift.
Il suffisso lift, all’interno del termine anti-lift, si riferisce al sollevamento del muso di un autoveicolo in fase di accelerazione, ovvero all’elongazione della sospensione anteriore, fenomeno tipico delle vetture con trazione sull’avantreno.
Con la parola anti-lift (solitamente espressa in percentuale) ci si riferisce al grado con cui la geometria della sospensione anteriore si oppone all’elongazione delle sue molle in fase di accelerazione. In parole povere, una sospensione con il 100% di anti-lift consente, in linea teorica, di mantenere il muso piatto mentre la vettura accelera.
Per capire quali sono i fattori che influenzano le prestazioni anti-lift di un veicolo dobbiamo innanzitutto capire come si ripartisce il carico sugli assi nelle fasi di accelerazione e frenata. Ciò può essere fatto scrivendo le equazioni di equilibrio per il semplice modellino di fig. 2.


Dal sistema di equazioni (1) si ricavano le espressioni (2) e (3) del carico verticale rispettivamente sull’asse anteriore e su quello posteriore.
Si noti che il peso agente su ciascun asse è composto da una parte statica ed una dinamica. Il contributo dinamico appare solo quando è presente un’accelerazione longitudinale ax. Nel caso di fig. 2 abbiamo a che fare con una vettura in fase di accelerazione, infatti il contributo dinamico viene sottratto dall’avantreno e sommato al retrotreno.
Dopo aver considerato l’intero autoveicolo per determinare la forza verticale Faz che insiste sull’asse anteriore, possiamo finalmente concentrarci sull’avantreno per studiarne le proprietà di anti-lift.
In fig. 3 ho schematizzato l’asse anteriore di un veicolo dotato di sospensione a ruote indipendenti in condizioni statiche (in questo caso è possibile distinguere i braccetti di un quadrilatero).

Il veicolo è fermo, quindi il carico verticale scambiato tra pneumatico e terreno Faz,st equilibra quello scambiato tra la cassa del veicolo e la sospensione anteriore Wa (a meno del contributo minimo delle masse non sospese).
Il punto Ca è il centro di istantanea rotazione del mozzo ruota rispetto alla cassa del veicolo. Come risulta evidente dalla fig. 3, per una sospensione a quadrilatero il punto Ca può essere individuato prolungando le rette passanti per gli attacchi dei braccetti al telaio.
Quando la vettura accelera, la situazione diventa quella di fig. 4.

La ruota vede l’applicazione di una coppia motrice Ma e tra lo pneumatico ed il suolo si sviluppa una forza di trazione Fax. Contemporaneamente si verifica un trasferimento di carico dall’asse anteriore al posteriore, quindi l’avantreno si scarica della quantità Faz,din.
La forza Fa, scambiata tra pneumatici e terreno, somma di Fax e Faz,din , deve essere equilibrata da una forza di pari entità ΔW tra l’asse e la cassa del veicolo. Di questa forza, una parte va ad agire sulla componente strutturale della sospensione (ΔWstruttura), mentre un’altra parte comprime gli elementi elastici della sospensione (ΔWmolle).
Affinché in accelerazione il muso del veicolo resti piatto, occorre che il termine ΔWmolle sia nullo, quindi tutta la forza scambiata tra la cassa del veicolo e l’asse anteriore deve scaricarsi sulla componente strutturale della sospensione. Risolvendo l’equazione di equilibrio alla rotazione per la fig. 4 ed imponendo la condizione ΔWmolle = 0, si ottiene la seguente relazione:

in cui hG è l’altezza del baricentro del veicolo, p è il passo, mentre gli altri parametri sono indicati nella precedente fig. 4.
Tale espressione rappresenta la condizione da rispettare per ottenere il 100% di anti-lift. Possiamo meglio apprezzarla visualizzandola graficamente con l’aiuto delle fig. 5 e 6.


Perché limitare l’effetto anti-lift?
Avere un veicolo perfettamente composto in fase di accelerazione sarebbe l’optimum che tutti vorremmo ottenere.
Purtroppo, così come avviene nella maggioranza dei problemi ingegneristici, anche in questo frangente la massimizzazione di una prestazione comporta il degrado di altre.
In sostanza, non conviene realizzare un avantreno con anti-lift al 100%, ma occorre optare per una scelta di compromesso.
Infatti, come avrai notato dalla fig. 5, per posizionare il centro di istantanea rotazione sulla retta corrispondente al 100% di anti-lift occorre inclinare notevolmente i braccetti della sospensione. Questa configurazione comporta due problemi principali:
- riduzione del comfort di marcia, a causa di una minore capacità di assorbimento delle asperità stradali;
- adozione di angoli di assetto dello pneumatico sfavorevoli alla dinamica del veicolo, soprattutto per sospensioni con limitate possibilità di impostazione (come la McPherson).
Per quanto riguarda il primo svantaggio, basta osservare le seguenti figure 7 e 8. Se aumentiamo la percentuale di anti-lift, la parte delle sollecitazioni trasmesse alla componente strutturale della sospensione aumenta rispetto a quella assorbita dalle molle.


In merito alle limitazioni sull’impostazione della sospensione anteriore, c’è da dire che la ricerca di un elevata percentuale di anti-lift può comportare l’assunzione di angoli di assetto sfavorevoli. Potremmo fare l’esempio di una sospensione McPherson, in cui un eccessivo aumento di anti-lift porta l’angolo di caster ed il braccio a terra longitudinale verso valori negativi.
Considerazioni finali
Come abbiamo visto nella precedete formula (4) e nelle fig. 5 e 6, l’inclinazione della retta che identifica il 100% di anti-lift dipende dal passo del veicolo e dall’altezza del baricentro. Pertanto, a parità di passo, maggiore è l’altezza del baricentro e più risulterà difficile ottenere elevati gradi di anti-lift.
Ovviamente, l’elongazione delle molle della sospensione anteriore dipende anche dalla loro rigidezza. Quindi, banalmente, a parità di geometria della sospensione, montare molle più rigide riduce il sollevamento del muso della vettura in accelerazione.
Per concludere, torno a ribadire che tutte le considerazioni fatte sull’anti-lift si riferiscono ai veicoli a trazione anteriore. D’altro canto, le vetture a sola trazione posteriore non soffrono del sollevamento del muso in accelerazione, ma vanno incontro allo schiacciamento della coda, fenomeno noto con il nome di squat.
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