Il bloccaggio del differenziale
Il presente articolo, che ha come protagonista il bloccaggio del differenziale, è parte di un incontro tenuto lo scorso anno a favore degli amici del Four Runner Team di Trento, che ringrazio ancora per la calorosa accoglienza.
Dato che avevo preparato una presentazione con numerosi grafici ed immagini, mi sono chiesto: perché non riportare qualche concetto in un articolo?
Se non l’hai già fatto ti invito a leggere Il differenziale ordinario: le basi di funzionamento., al fine di comprendere più agevolmente alcuni concetti che saranno illustrati nel seguito.
Introduzione
Prima di parlare del bloccaggio del differenziale, partiamo dagli antipodi e chiediamoci perché i fuoristrada hanno la trazione integrale.
Tutte le possibili risposte si riconducono a tre esigenze principali:
- sfruttare tutte le forze di trazione disponibili alle ruote;
- garantire il superamento di terreni caratterizzati da pendenze notevoli;
- incrementare il carico utile e la capacità di traino.
Naturalmente, la trasmissione della coppia a tutte le ruote deve prevedere un’architettura ad hoc. Il differenziale trasversale si occupa di trasferire il moto alle due ruote di un asse, ma occorre un sistema che consenta di ripartire la coppia motrice tra i vari assali del veicolo. Tale sistema può essere un semplice giunto oppure un differenziale, che, in tal caso, prende il nome di ripartitore o differenziale centrale.
In fig. 1 sono illustrati alcuni schemi di trasmissione per varie tipologie di veicoli.

Fig. 1 – Schemi di alcune architetture di trasmissione. Si noti che su un veicolo 8×8 si può arrivare ad avere ben 3 ripartitori e 4 differenziali trasversali.
L’esigenza del bloccaggio del differenziale
Prendiamo il caso più semplice: un mezzo a due assi. Per ottenere la trasmissione continua della coppia motrice tra avantreno e retrotreno e, al contempo, lasciare gli pneumatici liberi di ruotare a velocità angolari differenti, è necessario disporre di tre differenziali: uno trasversale anteriore, uno trasversale posteriore ed un ripartitore centrale. Il ripartitore centrale è un rotismo epicicloidale che ha lo stesso principio di funzionamento di un differenziale trasversale, con un’unica differenza: mentre il differenziale trasversale ripartisce la coppia equamente tra le due ruote di un asse, il ripartitore centrale non sempre fa lo stesso, anzi, in molti casi fornisce una distribuzione di coppia asimmetrica tra avantreno e retrotreno.
In ogni caso, sia esso un ripartitore centrale o trasversale, ad un differenziale vengono chieste due cose:
- trasmettere coppia motrice alle ruote;
- garantire la libertà di rotazione ad ogni ruota.
Queste due caratteristiche distintive sono allo stesso tempo la forza ed il tallone d’Achille del differenziale. Sono la forza, perché la trasmissione della coppia può avvenire senza problemi anche in curva, dove le ruote assumono diverse velocità di rotazione. Ma sono il tallone di Achille perché la ripartizione di coppia tra gli alberi in uscita dal differenziale è costante ed il suo valore si uniforma a quello dell’albero con la più bassa coppia resistente.
Il tallone d’Achille del differenziale ordinario
La fig. 2 aiuta a capire perché avviene questo fenomeno (nello schema ho rappresentato un differenziale trasversale, ma lo stesso principio vale per un ripartitore centrale).

Fig. 2 – Schema di funzionamento di un differenziale trasversale ordinario.
La ruota di sinistra (ruota 2) è su alta aderenza, mentre quella di destra (ruota 1) è su bassa aderenza. Per costruzione, il rapporto tra le coppie C1 e C2 trasmesse alle ruote è sempre lo stesso (in questo specifico caso, C1=C2 perché si tratta di un differenziale trasversale). Essendo su bassa aderenza, la ruota 1 riceve più coppia di quella che riesce a scaricare a terra ed impiega il surplus per aumentare la sua velocità di rotazione fino al punto in cui essa assume una velocità angolare doppia rispetto a quella del portasatelliti, mentre la ruota 2, che si trova su alta aderenza, è ferma. In tale situazione, la ripartizione di coppia è sempre la stessa: ciò che cambia è il flusso di potenza che viene dirottato verso la ruota senza aderenza.
Per approfondire le relazioni matematiche di base che regolano il funzionamento del differenziale, si rimanda all’articolo Il differenziale ordinario: le basi di funzionamento.
Tutto ciò per arrivare ad un semplice concetto: per fermare un veicolo a trazione integrale dotato di tre differenziali ordinari, basta privare dell’aderenza una sola ruota. Naturalmente, ciò non è ammissibile su un mezzo costruito per muoversi su terreni non preparati.
Come agisce il bloccaggio del differenziale?
Per ovviare a tale problematica sono stati pensati sistemi di bloccaggio in grado di rendere solidale al portasatelliti uno degli alberi uscenti dal differenziale.
In tal modo, il rotismo perde la sua funzione di differenziale e diventa un semplice ingranaggio di rinvio.
È come se i due alberi uscenti fossero saldati, quindi non è più concessa una differenza di velocità angolare tra essi. Allo stesso tempo, la ripartizione della coppia non è più costante, ma dipende dalle coppie resistenti a valle degli alberi.
Esempio
Prendiamo in considerazione un ripartitore centrale che invia il 60% della coppia al retrotreno ed il 40% all’avantreno.
In modalità open, cioè senza bloccaggio, la ripartizione di coppia è fissa.
Ipotizziamo la seguente situazione:
- retrotreno (coppia resistente disponibile, dipendente dall’aderenza tra pneumatici e suolo): 100 Nm ;
- avantreno (coppia resistente disponibile, dipendente dall’aderenza tra pneumatici e suolo): 300 Nm;
- coppia massima in ingresso al ripartitore: 400 Nm (ho omesso di proposito i vari rapporti di riduzione per rendere più immediata la comprensione dei concetti).
In questo caso, sebbene il ripartitore potrebbe inviare ben 240 Nm (il 60% di 400) all’asse posteriore, quest’ultimo ne riesce a scaricare a terra solo 100, quindi le coppie motrici erogabili dagli assi sono le seguenti: 100 Nm sul retrotreno e 67 Nm sull’avantreno. In questo caso, i valori delle coppie risultano limitati dalla coppia resistente disponibile in corrispondenza dell’asse posteriore.
Ora immaginiamo di poter bloccare totalmente il ripartitore centrale. L’avantreno ed il retrotreno non sono più liberi di ruotare indipendentemente, ma sono connessi rigidamente e quindi sono costretti a girare alla stessa velocità angolare.
In questa situazione, ovvero con il ripartitore centrale bloccato, non ha più senso parlare di una ripartizione di coppia fissa, perché sono le condizioni di aderenza che dettano legge e stabiliscono quanta coppia andrà sull’asse anteriore e quanta sul posteriore.
Nel caso in questione, sviluppando tutta la coppia di cui è capace il motore, sull’avantreno si scaricheranno 100 Nm e sul retrotreno 300 Nm, con una ripartizione del 25% sull’anteriore e del 75% sul posteriore.
Se gli pneumatici anteriori fossero totalmente privi di aderenza e quelli posteriori avessero la possibilità di trasmettere tutta la coppia messa a disposizione dal propulsore, la ripartizione di coppia, in seguito al completo bloccaggio del differenziale, sarebbe 0% all’avantreno e 100% al retrotreno.
Grado di bloccaggio del differenziale
Il completo bloccaggio del differenziale mediante sistemi di tipo on/off che danno solo due possibilità di funzionamento (differenziale libero o totalmente bloccato) è limitato solo a poche tipologie di veicoli.
Infatti, la maggior parte dei differenziali non ordinari in circolazione sono dotati di sistemi in grado di generare una coppia di attrito interna che frena il moto relativo di due componenti del differenziale.
Dato che lo scopo dell’articolo è quello di capire il concetto del bloccaggio del differenziale, non mi dilungherò a parlare delle varie tipologie di meccanismi esistenti, altrimenti la trattazione diventerebbe enormemente prolissa.
Per tale ragione, per il momento non consideriamo la tipologia di differenziale, ma piuttosto il principio di funzionamento: abbiamo un differenziale (o un ripartitore) in cui generiamo una coppia frenante tra due suoi elementi (ad esempio tra un semiasse ed il portasatelliti).
Per semplicità consideriamo un differenziale dotato di un pacco frizioni come quello di fig. 3.

Fig. 3 – Esempio di differenziale autobloccante a slittamento limitato con pacco frizioni.
Nel meccanismo in figura, i dischi di attrito del pacco frizione vengono schiacciati l’uno contro l’altro mediante un sistema elettroidraulico. Una parte dei dischi è solidale al planetario (albero) di sinistra, mentre la restante parte è solidale al portatreno con i satelliti. In tal modo, all’aumentare della pressione agente sui dischi, l’attrito tra il planetario ed il portatreno aumenta, quindi cresce l’azione frenante tra i due elementi. Il limite estremo di questa azione si ha con l’eventuale arresto del moto relativo tra il portatreno ed il planetario. In tale condizione il differenziale è bloccato e funge da semplice rinvio.
Modulando la pressione del circuito idraulico è possibile variare la coppia di attrito e quindi la percentuale di bloccaggio del differenziale da 0 fino al 100% (a seconda del sistema).
Un errore comune
Qui entriamo nel vivo della questione, perché sul grado di bloccaggio del differenziale spesso si commettono errori concettuali non da poco. Considerando un sistema simile a quello della precedente fig. 3, ma applicato ad un ripartitore centrale, l’errore più comune è quello di confondere la percentuale di bloccaggio con una diversa ripartizione di coppia.
Vado al sodo con un esempio. Nel 2005, la Subaru ha fornito di serie, sull’Impreza WRX STI, il cosiddetto DCCD (Driver’s Control Centre Differential), un sistema che consente al guidatore di regolare il bloccaggio del ripartitore centrale. Il meccanismo di base è simile a quello di fig. 3, con la differenza che l’attuazione non è elettroidraulica, ma elettromagnetica. Di default l’attuazione avviene in modalità automatica, ovvero è la centralina che decide come intervenire sulle frizioni, in base alle condizioni dinamiche del veicolo. In aggiunta, il guidatore ha la disponibilità di un manettino, dislocato a fianco alla leva del freno di stazionamento, con cui può passare alla modalità manuale e regolare il livello di bloccaggio del ripartitore centrale (fig. 4).

Fig. 4 – Interfaccia di controllo del differenziale centrale su Subaru Impreza WRX STI del 2005.
Molto spesso questa regolazione viene interpretata come una variazione a piacimento della ripartizione di coppia tra avantreno e retrotreno, ma in realtà l’azione del sistema non è questa.
Aumentare la percentuale di bloccaggio del ripartitore centrale consente, in condizioni di scarsa aderenza su un asse, di disporre di maggiore coppia motrice sull’altro asse.
Come vedi il concetto è ben diverso. Agendo sulla rotella di fig. 4, non decido di spostare a mio piacimento la coppia avanti o dietro, ma aumento il margine di sfruttamento dell’aderenza disponibile.
Cosa succede all’aumentare del livello di bloccaggio del differenziale?
Faccio un esempio per illustrare meglio il concetto.
Ipotizziamo di avere un veicolo con un ripartitore centrale dotato di pacco frizioni (simile a quello della nostra Subaru). Facciamo inoltre l’ipotesi che la ripartizione della coppia con differenziale open è 35% all’anteriore e 65% al posteriore, con una massima coppia motrice disponibile di 200 Nm. Ciò vuol dire che, in condizioni di sufficiente aderenza, 70 Nm saranno inviati all’asse anteriore e 130 Nm al posteriore.
Il retrotreno è su un fondo che gli consente di scaricare a terra tutta la coppia motrice ricevuta, mentre l’avantreno è su un fondo a scarsa aderenza. Se aumentiamo gradualmente la pressione sui dischi di frizione, la situazione risultante è illustrata in fig. 5.

Fig. 5 – Coppia motrice inviata all’asse posteriore per diversi valori di coppia disponibile sull’avantreno (dipendente dal coefficiente di aderenza) e con diversi livelli di bloccaggio del differenziale.
La curva blu rappresenta il ripartitore in condizione open. Se l’avantreno non riesce a trasmettere coppia per mancanza di aderenza, la coppia inviata al retrotreno è anch’essa nulla. Se l’avantreno dispone di 21 Nm di coppia trasmissibile, al retrotreno ne vengono inviati circa 40 Nm (la ripartizione di coppia è fissa: 61 Nm complessivi di cui il 35% davanti ed il 65% dietro). E così via.
Le altre curve rappresentano il funzionamento al variare del livello di bloccaggio del differenziale, ovvero della pressione con cui viene schiacciato il pacco frizioni. Riuscendo a bloccare perfettamente il ripartitore (100% lock, curva arancione), notiamo che se l’avantreno è privo di aderenza, tutti i 200 Nm di coppia vanno al retrotreno. Mentre, se l’avantreno dispone di soli 21 Nm, al retrotreno ne fluiscono quasi 180 (questo perché la massima coppia motrice erogabile è comunque pari a 200 Nm).
Se andiamo a vedere come cambia la ripartizione di coppia motrice tra asse anteriore e posteriore (fig. 6) notiamo che essa dipende dalle condizioni di funzionamento: in questo caso, dall’aderenza, e quindi dalla coppia disponibile sull’avantreno.

Fig. 6 – Variazione della percentuale di coppia trasmessa all’asse posteriore rispetto a tutta la coppia motrice erogata. Si noti che solo con differenziale open la ripartizione di coppia rimane costante (65% al posteriore e 35% all’anteriore).
In sintesi…
Variare la coppia di attrito interno di un ripartitore centrale non mi consente di spostare la coppia a mio piacimento avanti o dietro. In realtà, la coppia si distribuirà in maniera differente a seconda delle condizioni di aderenza degli assi.
Se non sei ancora iscritto alla newsletter di meccanicadelveicolo.com, clicca qui per iscriverti e riceverai informazioni sui nuovi articoli, oltre all’accesso a contenuti esclusivi.
Commenti recenti